Un mondo barbaro, da cambiare

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9 Giugno 2025

Festa di Lutte ouvrière - Giugno 2025

Questa è la traduzione del discorso di Nathalie Arthaud alla festa di Lutte ouvrière, il 9 giugno 2025, sulla situazione internazionale

Cari amici, cari compagni, lavoratrici, lavoratori

Oggi siamo soliti parlare della situazione internazionale, e colgo l'occasione per ricordare che questa festa di Lutte ouvrière è quella dell'UCI, l'Unione comunista internazionalista che riunisce compagni provenienti dagli Stati Uniti, dalle Antille, da Haiti, dalla Costa d'Avorio, dalla Turchia, dall'isola della Réunion o da paesi vicini come Gran Bretagna, Germania, Austria, Belgio, Spagna, Italia e del Magreb.

Ci accomuna il fatto di rivendicare idee internazionaliste. E in questo periodo di ascesa del nazionalismo, del razzismo e del moltiplicarsi delle guerre, non è un fatto indifferente. Saluto quindi calorosamente loro e tutti gli altri gruppi e militanti venuti da altri paesi, dal Brasile o dalla Corea del Sud.

Sì, compagni, ci troviamo di fronte a un'evoluzione sempre più reazionaria e barbara della società. Ogni giorno ci chiediamo quanti altri morti ci saranno a Gaza. Quanti morti a Kiev, in Ucraina, quanti dispersi nel Mediterraneo. Quanti morti e sfollati nel Congo orientale? Quanti cadaveri lasciati dalle bande armate nelle strade di Port-au- Prince in Haiti.

L'umanità umiliata è anche alle nostre porte, sotto i nostri portici, nei nostri quartieri. Sono donne e uomini distrutti dalla vita che vivono e dormono per strada e a volte muoiono di freddo davanti a palazzi vuoti. Sono donne e uomini che sono fuggiti dalla miseria o dalle guerre e che hanno affrontato la morte per raggiungere i paesi ricchi, con la speranza di offrire una vita migliore alle loro famiglie. Arrivati qui, vengono sfruttati nei cantieri edili e trattati come sgraditi, costretti a vivere sotto i ponti o tra due rampe autostradali.

Ieri i padroni del mondo dichiaravano di dare il via alla mobilitazione generale contro il riscaldamento globale, oggi i governanti preparano la guerra, addirittura la guerra stellare, se dobbiamo credere al buffone della Casa Bianca! Invece di sradicare la malnutrizione, l'Aids o la malaria, invece di costruire strade e ospedali, investono miliardi nella produzione di proiettili, carri armati, droni, aerei da caccia... L'Egitto, dove metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, ha appena ordinato altri 24 aerei Rafale. L'India, paese in cui muore un milione di bambini all'anno a causa della malnutrizione, ha appena ordinato 26 di questi caccia Rafale per la sua marina, che si aggiungono ai 36 della sua aeronautica militare. La Colombia ha confermato un ordine per 16 unità, la Grecia si prepara ad ordinarne altre sei.

Ma onore al merito, il record di spesa per gli armamenti appartiene agli Stati Uniti con quasi 1000 miliardi di dollari all'anno. Un terzo della spesa mondiale per garantire il proprio dominio imperialista. E oggi Trump taglia la spesa per la ricerca sul cancro, l'Hiv, il clima e ha congelato l'80% dei suoi aiuti umanitari internazionali. La classe capitalista ha costruito la sua prosperità e il suo potere sull'ingiustizia, l'oppressione e la scomparsa di interi popoli e continua a farlo nel XXI secolo. E se non ci saranno donne e uomini pronti a combattere il suo potere, affonderemo. Quindi dobbiamo alzarci, mobilitarci, lottare per una nuova rivoluzione, per un nuovo ordine sociale!

Non c'è nulla da aspettarsi dalla classe dirigente. In Ucraina, i leader occidentali, in primis gli Stati Uniti, hanno spiegato che difendevano il diritto dei popoli all'autodeterminazione. Avrebbero salvato gli ucraini, li avrebbero liberati, ci dicevano. In realtà li hanno sostenuti come la corda sostiene l'impiccato... Centinaia di migliaia di ucraini e russi sono stati feriti, mutilati o uccisi. Un'intera generazione di giovani, mobilitata o costretta all'esilio, è stata sacrificata. L'est e il sud dell'Ucraina sono stati devastati, città e villaggi trasformati in città fantasma. La distruzione di edifici, ponti, strade e molte altre infrastrutture ha riportato il Paese indietro di anni. E ora un odio fratricida oppone i russi agli ucraini... Tutto questo perché gli Stati Uniti e la Russia, che si contendevano la loro influenza sull'Ucraina, finissero per spartirsi il paese e che Trump e Putin si dividessero l'Ucraina!

Trump ha appena fatto firmare a Zelenski un accordo che attribuisce agli Stati Uniti diritti esorbitanti nello sfruttamento dei minerali ucraini, tra cui le famose terre rare. E senza dubbio sono in corso altre trattative.

E se i leader dell'UE continuano a tergiversare, con Macron in prima fila, è perché anche loro vogliono la loro fetta di torta. Anche loro vogliono la loro parte di terre rare, anche loro vogliono poter acquistare banche e terreni fertili e accedere al mercato della ricostruzione, valutato in oltre 400 miliardi.

Gli ucraini stanno vivendo l'amara esperienza già denunciata da Anatole France dopo la prima guerra mondiale: "Si crede di morire per la patria, si muore per gli industriali!". E in questo caso, gli ucraini sono morti per gli industriali e i finanzieri americani, che sono i grandi vincitori di questa guerra. Allora, dov'è il campo del bene e dov'è quello del male? La verità è che i presunti democratici americani ed europei non sono migliori del dittatore Putin o di Xi Jinping!

Dopo la guerra in Iraq e in Afghanistan, dopo le numerose operazioni militari francesi in Africa, questa è l'ennesima lezione: quando i nostri leader imperialisti pretendono di salvare questo o quel popolo, quando parlano di democrazia o di libertà delle donne, sono solo alibi per difendere gli interessi dei loro capitalisti. Quando parlano di difendere gli ucraini, i nigeriani o gli uiguri, pensano alla Total, alla Orano e alla LVMH! Quindi, contro l'oppressione dei popoli e per difendere i nostri interessi di lavoratori, dobbiamo contare solo su noi stessi.

La politica imperialista contro i Palestinesi

E guardate cosa sta succedendo in Palestina! I palestinesi di Gaza vivono un inferno da 20 mesi. 20 mesi di sofferenza, di lutto, di lotta per la sopravvivenza! Oggi Gaza non è altro che una vasta distesa di macerie e un ossario a cielo aperto. Migliaia di bambini sono ridotti pelle e ossa, decine di migliaia di altri devono lottare ogni giorno per avere qualcosa da mangiare. Netanyahu dice di fare la guerra a Hamas, ma sta facendo la guerra a tutti i palestinesi. Sta procedendo a una pulizia etnica, a un genocidio. I suoi sostenitori di estrema destra e i suprematisti sionisti lo rivendicano ad alta voce. Dal 7 ottobre 2023, fanno a gara per trovare idee per sterminare i palestinesi di Gaza. Alcuni evocano la soluzione della bomba atomica, altri un virus mortale. E oggi sono tutti d'accordo per affamare gli abitanti di Gaza e sparare su di loro quando viene distribuito il cibo.

E nonostante questo Israele non è messo al bando dalle nazioni. Questo Stato è una presunta democrazia a cui tutte le grandi potenze continuano a fornire armi e che agisce con la benedizione degli Stati Uniti. Ebbene, il massacro dei palestinesi chiama in giudizio non solo i leader israeliani, ma tutti i leader occidentali.

Siamo rimasti tutti sbalorditi e indignati dalla proposta di Trump di deportare gli abitanti di Gaza per costruirvi una Riviera. Un progetto del genere può solo nascere nel cervello atrofizzato di un miliardario che ha passato la vita a sfruttare e schiacciare tutti quelli che poteva. Ma i 50.000 morti registrati nei primi 15 mesi dei bombardamenti israeliani non sono da attribuire a Trump, ma a Biden! È Biden, con il suo arido atteggiamento da prete, che ha dato la sua benedizione a Netanyahu. È stato Biden a fornire i mezzi per lanciare più di 45.000 bombe su Gaza. E cosa hanno fatto i dirigenti europei che continuano a definirsi i leader del mondo libero e progressista? Non solo sono rimasti in silenzio, ma sono stati complici. Oggi, alcuni di loro fingono di opporsi al governo israeliano. Ma mentre l'UE ha adottato una 17ª serie di sanzioni contro la Russia, sta solo valutando se forse vi sia una possibile violazione dei diritti umani da parte di Israele...

Da parte sua, Macron si dice pronto a riconoscere uno Stato palestinese. Sembra una pessima farsa, mentre la possibilità fisica dell'esistenza di uno Stato palestinese scompare sotto i nostri occhi. Sono più di 77 anni che i leader occidentali coprono le violenze israeliane, la colonizzazione e la violazione di tutte le risoluzioni dell'ONU. E oggi continuano a sostenere Israele nella sua presunta guerra contro Hamas. Tutto questo lo fanno in nome della difesa del diritto di Israele ad esistere e della protezione del popolo ebraico. Ma non hanno mai difeso il popolo ebraico! Lo hanno usato, hanno incoraggiato l'insediamento degli ebrei in Palestina non per proteggerli dall'antisemitismo e dai pogrom, ma per usarli contro le velleità di indipendenza arabe.

Nel 1947 hanno accettato un piano di spartizione che favoriva Israele e che non è stato nemmeno applicato alla Palestina. A partire dal 1967 hanno ratificato l'occupazione e la colonizzazione di nuovi territori palestinesi. Non era per proteggere Israele, ma perché ne hanno fatto il loro alleato privilegiato nella regione e gli hanno riconosciuto il diritto di fare ciò che voleva. Le potenze imperialiste non hanno agito per umanità né per riparare al genocidio nazista, ma per amore del petrolio e del commercio. Così facendo, hanno permesso ai dirigenti israeliani di diventare carnefici e carcerieri dei palestinesi.

Non solo questo è criminale nei confronti dei palestinesi, ma è anche suicida per gli israeliani. Le giovani generazioni che vivono nell'inferno di Gaza possono solo crescere nell'odio e nel desiderio di vendetta nei confronti degli israeliani. E andranno ad ingrossare le fila dei futuri combattenti: se non sarà a Gaza, sarà in Libano, nello Yemen o in Siria, e Israele non ha ancora finito di fare la guerra. Non è col riempire i cimiteri e con la deportazione di centinaia di migliaia di persone che si costruisce la pace. È solo se si pone fine all'oppressione, se si smantellano le colonie e si pone fine alla politica di apartheid, se si riconosce la parità dei diritti tra i popoli.

Contrariamente a quanto vogliono far credere le organizzazioni sioniste di estrema destra da un lato e le organizzazioni islamiste reazionarie dall'altro, come Hamas, la coesistenza fraterna tra il popolo israeliano e il popolo palestinese, nonché i popoli arabi vicini, sarebbe possibile. Sono state le grandi potenze a tracciare confini artificiali tra Libano, Siria, Palestina, Iraq e Giordania. Sono loro che hanno aizzato i popoli gli uni contro gli altri, israeliani contro palestinesi, arabi contro curdi, maggioranza sunnita o sciita contro minoranze cristiane, druse, alauite.

Per uscire dalla guerra permanente, c'è solo una strada: quella di una federazione dei popoli del Medio Oriente in cui tutti siano uguali e abbiano gli stessi diritti. Ciò non sarà attuabile senza una rivolta dei popoli della regione contro i loro dirigenti, a cominciare da quella del popolo israeliano contro i carnefici che oggi governano Israele, una rivolta in grado di estendersi a tutti gli oppressi del Medio Oriente e che, come un terremoto rivoluzionario, scuota anche le fortezze imperialiste.

Quindi questa lotta dipende anche da noi qui, dalla nostra capacità di denunciare e combattere la borghesia e il suo ordine imperialista. Dipende dalla nostra capacità di aprire la strada a relazioni fraterne tra popoli uguali e consapevoli di far parte di un'umanità unica e indivisibile.

Non dobbiamo credere che le bombe siano riservate agli ucraini e ai palestinesi. Da quando Trump è tornato alla Casa Bianca, chi può ancora credere in uno sviluppo armonioso e pacifico del mondo? Gli Stati Uniti, il paese più ricco del pianeta, che potrebbe solo con le proprie risorse risolverne gran parte dei problemi, hanno alla loro guida un uomo che si comporta come un boss mafioso pronto a rapinare il mondo intero per i propri interessi. Trump mostra i muscoli, si vanta, disprezza e calpesta chi si mostra debole... Minaccia e ripudia, come ha appena fatto rompendo con il suo compare Musk in una disputa degna di un cortile di scuola. Ma soprattutto glorifica il diritto di sfruttare, trivellare, saccheggiare, anche a costo di distruggere l'ambiente e uccidere gli uomini. Lo ammette e lo rivendica: che vinca il più forte.

Quindi, no, Trump non è pazzo. È sicuro di sé e del suo potere perché conosce il potere del denaro. In realtà, Trump è il puro prodotto del capitalismo. È il vero volto del capitalismo, il volto cinico e bellicoso dell'imperialismo. Ma non ha inventato nulla! È solo l'erede, come tutta la grande borghesia europea, dei massacri perpetrati dai conquistadores, della distruzione dei popoli amerindi, della tratta degli schiavi, del saccheggio coloniale generalizzato. Il capitalismo è nato nell'oppressione, nel fango e nel sangue. Si è sviluppato attraverso il saccheggio e le guerre. E oggi, mentre sta invecchiando, immerge l'umanità nella barbarie.

Sì, più il capitalismo invecchia, più i mezzi di produzione si accumulano e si sviluppano, più i capitalisti si pestano i piedi a vicenda e intensificano la loro guerra economica. Ed è una guerra per tutto: per i mercati, per gli sbocchi commerciali. È una guerra per le materie prime, per i minerali, per le terre rare, per l'energia, per l'intelligenza artificiale, per i satelliti. Non c'è un solo chilometro quadrato di terra, un solo fiume, un solo oceano che sfugga a queste rivalità. Anche Marte e gli abissi sono ambiti. E se Trump porterà a termine gli annunci che ha fatto riguardo alla "cupola d'oro", uno scudo antimissile che proteggerebbe gli Stati Uniti, lo spazio, che già da tempo è un terreno di scontro, potrebbe diventare il più grande arsenale del mondo, con migliaia di missili in orbita.

Ma ancora una volta, non si tratta della mania di questo o quel leader colpito dalla megalomania. È la legge del capitalismo. Tutti gli Stati del pianeta si stanno riarmando a marcia forzata, perché ogni paese che vuole mantenere il proprio posto in questo sistema deve mostrare i denti e prepararsi alla guerra. L'unico modo per porre fine a queste guerre è porre fine all'imperialismo, cioè rovesciare il capitalismo su scala mondiale. Quindi, se vogliamo la pace, dobbiamo preparare la rivoluzione!

Il veleno nazionalista

Tutti i dirigenti del mondo spingono al ripiegamento nazionale. Ognuno di noi dovrebbe schierarsi con la bandiera nazionale, identificarsi con l'inno nazionale. Dovremmo entusiasmarci davanti alle parate militari e inginocchiarci davanti alle presunte imprese dell'esercito, cioè davanti al suo stato maggiore antioperaio e ai suoi generali reazionari, che in molti paesi sono corrotti fino al midollo! I nostri dirigenti non perdono occasione per fomentare il nazionalismo: la musica, lo sport, le partite di calcio o le gare di nuoto, l'origine del Papa.. tutto è pretesto per cantare vittoria.

I nostri sentimenti, l'attaccamento che possiamo avere alle nostre origini, alla nostra famiglia, alla nostra città, alla cultura e alla lingua in cui siamo cresciuti... tutto viene utilizzato per arruolarci in un nazionalismo sempre più identitario e razzista, un nazionalismo sempre più aggressivo nei confronti di tutti gli altri. I lavoratori francesi dovrebbero schierarsi con Macron e la borghesia francese, gli Arnault, Peugeot, Michelin, Mulliez, i lavoratori algerini con Tebboune, i lavoratori marocchini con il loro re e i lavoratori americani con il miliardario della Casa Bianca.

Il nazionalismo è la corda che tutti i leader cercano di mettere al collo dei lavoratori affinché si schierino dietro i propri sfruttatori contro i loro fratelli e sorelle di sfruttamento che hanno origini diverse. Seguire questa politica di chiusura nazionale e di rifiuto dell'immigrazione difesa, qui, da Le Pen, Bardella, Retailleau e soci, significa sbagliare nemico: non c'è un solo lavoratore di troppo nella società. Quelli che sono di troppo sono gli sfruttatori, i parassiti che controllano miliardi e seminano miseria nei paesi ricchi, così come in quelli poveri!

Tutti quelli che ci vogliono ubriacare con l'identità nazionale e presentano il movimento migratorio, la mescolanza di uomini e popoli come una minaccia sono i nostri peggiori nemici. La nostra classe sociale è costituita, praticamente in tutti i paesi, da donne e uomini provenienti dai cinque continenti. Non è una debolezza, è una forza. Quindi dobbiamo dare il benvenuto ai nuovi battaglioni di lavoratori arrivati dal Sudan, dalla Guinea, dal Pakistan o dall'Afghanistan! E dobbiamo conquistarli per condurre insieme la lotta della nostra classe. Con la loro esperienza di sfruttamento, con il fatto di essere vissuti in due, tre o quattro paesi diversi, con il coraggio con cui hanno potuto sopravvivere al loro viaggio, saranno reclute insostituibili e punti d'appoggio essenziali per estendere la lotta alla classe operaia degli altri paesi e liberare il pianeta dal capitalismo!

Mentre il mondo intero va verso un maggiore militarismo e autoritarismo, mentre alcuni osano rivendicare apertamente il fascismo o il nazismo, siamo sempre meno numerosi a dire "Abbasso le frontiere" o "Libertà di circolazione e di insediamento", e domani sarà senza dubbio ancora più difficile. Ma ciò che è certo, compagni, è che non c'è futuro al di fuori dell'internazionalismo.

Tutti coloro che vogliono riportare in auge le frontiere, rinchiuderci dietro filo spinato e muri e trasformare l'economia globalizzata in economia nazionale sono destinati al fallimento. Non possono tornare indietro! Persino Trump, che credeva di poter frenare le importazioni con dazi doganali, vista la dimensione e la potenza dell'economia americana, è costretto a fare marcia indietro. E Trump non ha il monopolio del protezionismo: anche noi abbiamo i nostri protezionisti, che si dichiarano molto diversi dal boss della Casa Bianca, ma ci spiegano anche che dovremmo proteggere i "nostri posti di lavoro" dai cinesi, dagli indiani o da chissà chi altro!

I moderni mezzi tecnici consentono di far circolare le informazioni in modo quasi istantaneo da un capo all'altro del pianeta. Un aereo di linea permette a un turista che se lo può permettere di raggiungere in meno di 24 ore qualsiasi città del mondo. Ognuno di noi ha legami con due, tre, quattro paesi diversi. L'economia e l'umanità sono diventate un tutto indivisibile e tutti coloro che vogliono falsare questa realtà non possono che farci precipitare in una barbarie senza nome.

Alcuni commentatori parlano di internazionale reazionaria per indicare la vicinanza ideologica di Trump all'argentino Milei, all'ungherese Orban, all'italiana Meloni e all'israeliano Netanyahu. E in materia di razzismo, sessismo, stupidità, cinismo e autoritarismo, sanno di cosa parlano, non c'è dubbio! Ma potremmo allungare questa lista aggiungendo in Francia i nomi di Le Pen, Bardella, Retailleau.

In India, il presidente Modi ricorre alla peggiore demagogia nazionalista prendendo di mira i musulmani ed è pronto a dichiarare guerra al vicino Pakistan. In Afghanistan, le donne sono imprigionate in casa, ridotte a semplici macchine riproduttive. E nel continente africano, quanti demagoghi sono pronti a far riemergere vecchi conflitti, pronti ad appoggiarsi ai pregiudizi e ad alimentare i ripiegamenti etnici o religiosi che la miseria e la fame ravvivano?

Per l'unità internazionale dei lavoratori

Ebbene, di fronte a questa internazionale reazionaria e a tutti gli altri lacchè dei capitalisti che aprono loro la strada, i Macron, i Merz, gli Starmer, bisogna costruire l'unità dei lavoratori rivoluzionari. Bisogna lavorare alla costruzione di una nuova internazionale dei lavoratori comunisti, un'internazionale rivoluzionaria.

Oggi la borghesia e i suoi politici reazionari dettano legge a livello internazionale perché in nessun luogo i lavoratori lottano davvero al punto di influenzare la vita politica. Ma ne hanno la capacità. Strappando i grandi mezzi di produzione dalle mani dei capitalisti, i lavoratori possono fare in modo che finalmente l'umanità controlli la propria economia, la pianifichi consapevolmente per soddisfare i bisogni di tutta l'umanità e per garantire il futuro del pianeta.

Un obiettivo così vasto può sembrare irraggiungibile in un'epoca in cui anche organizzarsi a livello nazionale è complicato. Ma lo ripeto: la nostra classe sociale è già organizzata a livello internazionale dagli stessi capitalisti. E ovunque ci sono proletari che lottano. In Cina, in Iran, in Costa d'Avorio, in Argentina, negli Stati Uniti... dove da due giorni i lavoratori di Los Angeles lottano contro le retate e la polizia anti-immigrazione.

Quando la rivolta di un popolo si rivolgerà contro i propri governanti, che sia negli Stati Uniti, in Israele, in Iran o in India, molti altri oppressi la capiranno. Quando uno sciopero vittorioso in un'azienda darà la forza ai lavoratori della fabbrica vicina di impegnarsi nella lotta e quando la classe operaia si solleverà su scala nazionale, troveranno l'ascolto e il sostegno di altri lavoratori del mondo. E allora non sarà più l'elezione di un pagliaccio come Trump a scuotere il mondo, ma la rivolta dei lavoratori.

Nello stesso modo le rivoluzioni del 1848 e la rivoluzione russa del 1917 hanno infiammato tutto il continente europeo, ed è stato così per tutte le rivolte degli oppressi, sia durante le lotte anticoloniali, sia più recentemente durante le primavere arabe.

Allora, compagni, dobbiamo rimanere saldi nelle nostre convinzioni. Anche se oggi il mondo del lavoro rimane spettatore, non è destinato a sostenere le dispute tra Putin, Trump, Macron o Xi Jinping! Può agire da solo, può ribellarsi e, se è consapevole di dover prendere il potere, farà la prossima rivoluzione che supererà i confini e si diffonderà, sostenuta da tutti coloro che sono consapevoli che c'è un nuovo mondo da costruire insieme!

9 giugno 2025