Francia: Nathalie Arthaud, una candidata rivoluzionaria all'elezione presidenziale del 2012

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6 settembre 2011

Da "Lutte Ouvrière" - 9 settembre 2011

Nathalie Arthaud sarà la candidata di Lutte Ouvrière (Lotta Operaia) alle elezioni presidenziali dell'aprile 2012 in Francia. Questi sono alcuni estratti dalla conferenza stampa del 6 settembre 2011, in cui ha presentato la sua campagna.

Questa campagna per l'elezione presidenziale dell'aprile 2012 si svolgerà in un contesto particolarmente difficile per i lavoratori, salariati, pensionati, e per l'insieme dei ceti popolari, di cui vorrei esprimere le preoccupazioni e rappresentare gli interessi politici in queste elezioni.

La situazione è dura per tutta la società, o meglio per la stragrande maggioranza che non ha capitali da investire o con cui fare speculazione. Lo sanno tutti, la crisi finanziaria sta di nuovo scuotendo l'economia nel suo complesso e ormai è chiaro che i dirigenti politici non controllano assolutamente nulla. La stessa frequenza degli incontri al vertice tra i capi di stato e di governo dimostra la loro impotenza.

Il fatto che l'organizzazione capitalista dell'economia sia totalmente incapace di controllare una delle sue crisi è la prova che questa economia, oltre ad essere ingiusta, è profondamente irrazionale e si trova in un vicolo cieco. L'attuale crisi e il panico generale che ha provocato da coloro che si pretendono "l'élite dirigente" ci conferma le nostre convinzioni di militanti comunisti.

Sì, è necessario cambiare l'intera organizzazione sociale, riorganizzarla da cima a fondo senza le forze del mercato e del profitto, su una base comune. Tutti i nostri ragionamenti, tutta la nostra politica risultano da questa certezza.

Ma sappiamo bene che una rivoluzione non potrà venire dai seggi elettorali, né quelli dell'elezione presidenziale del 2012, né qualunque altri. La trasformazione rivoluzionaria della società può essere solo il risultato dell'attività cosciente delle masse sfruttate. Accadrà quando milioni di uomini e donne, rivoltati dalle loro condizioni d'esistenza, saranno decisi a prendere il problema alla radice. Quando saranno decisi ad agire in prima persona per porre fine al potere assoluto della classe capitalista, minoritaria e irresponsabile.

I problemi vitali della disoccupazione e dell'aumento dei prezzi

Per quanto riguarda questa elezione, vorrei parlare dei problemi vitali che colpiscono la classe operaia: la disoccupazione e il potere d'acquisto. E dirò e ripeterò ai lavoratori che lì non c'è niente di inevitabile e che possiamo lottare contro a condizione di rovesciare i rapporti di forza tra lavoratori e borghesia. A condizione che i dipendenti facciano prevalere i loro propri interessi anche in questo momento di crisi.

Infatti è particolarmente scandaloso che coloro che gestiscono l'economia e ne sono i beneficiari non si assumano la responsabilità dei danni che provocano! Essi continuano ad arricchirsi, mentre s'impone ai lavoratori dipendenti, ai pensionati, ai disoccupati, alla gente umile, di pagare per una crisi di cui non sono responsabili in alcun modo.

Il governo, con Sarkozy e Fillon in testa, sta attualmente conducendo una campagna permanente per affermare che il debito pubblico ha raggiunto un livello intollerabile e che bisogna fare di tutto per ridurlo. Questa campagna è un'enorme bufala, e anche un ricatto nei confronti delle classi lavoratrici per costringerle a fare passare in secondo piano le loro esigenze legittime e vitali.

La bufala della campagna sul debito

Sin dalla crisi finanziaria del 2008, il debito pubblico è aumentato di quasi 400 miliardi di euro. Ma se lo stato si è indebitato fino al collo, certo non è che abbia fatto regali a lavoratori, pensionati o disoccupati. Lo stato ha svuotato le proprie casseforti e preso in prestito miliardi da mettere a disposizione dei banchieri al fine di salvarli dalle conseguenze disastrose delle loro speculazioni. Ha preso prestiti per finanziare il "premio alla rottamazione" e altre sovvenzioni date alle grandi imprese. Ha fatto assistenza ai grandi capitalisti nei guai!

Ebbene, chi parla del debito come di un problema importante senza dire a beneficio di chi è stato fatto questo debito, mente alla popolazione. Nasconde questa ingiustizia fondamentale che consiste nel far pagare le categorie più povere della popolazione per rimborsare i debiti fatti a beneficio dei più ricchi!

Il debito pubblico non è un problema per tutti! Per una parte della classe capitalista non è affatto un problema, piuttosto è una fonte di profitto poiché incasserà nel 2011 cinquanta miliardi di euro di interessi. E se il debito è un problema per i lavoratori, è solo perché i ricchi vogliono imporre a loro il pagamento del debito.

Bisogna dire ai lavoratori di non lasciarsi intimidire da ciò che è solo un ricatto, che è da ritenere ignobile anche e soprattutto quando lo si camuffa con appelli alla "solidarietà nazionale" o al "sacrificio comune." Qualunque sia il modo in cui lo si presenta, quando i dirigenti politici parlano di rigore, alla fine sono sempre le classi popolari a pagare! E il fatto che i candidati alle primarie del Partito socialista cercano tutti di competere con Sarkozy in materia di austerità mostra che, se torneranno al potere, l'unico cambiamento sarà che i colpi verranno da sinistra anziché da destra!

Allora io dico ai lavoratori che il ricatto sulla crisi del debito non può, non deve far dimenticare le due esigenze vitali del mondo del lavoro: imporre misure in grado di proteggerci contro la disoccupazione e misure contro la perdita di potere d'acquisto dovuta agli aumenti di prezzo.

Contro la disoccupazione: la spartizione del lavoro senza diminuzione di salario

Voi tutti sapete che il numero dei disoccupati è in aumento. Anche le cifre ufficiali si avvicinano a tre milioni di disoccupati. E tutti sanno che anche in questo caso, le statistiche ufficiali sono fatte non per mostrare la realtà ma per nasconderla. Il numero di chi è disoccupato o lavora solo in modo occasionale è di quasi sei milioni. Il numero di disoccupati di lunga durata è in crescita, come il numero crescente di giovani che cominciano la loro vita lavorativa correndo da un piccolo lavoro mal pagato ad un altro piccolo lavoro mal pagato, quando non sono disoccupati. Anche l'istituto statistico nazionale, molto moderato nelle conclusioni che trae dai suoi lavori, indica la cifra di otto milioni di poveri in questo paese! Anche solo questa cifra è una condanna del sistema economico.

Questa situazione è un disastro per i lavoratori interessati e le loro famiglie. Ma colpisce molte altre categorie: piccoli commercianti, agricoltori, artigiani, i cui ricavi sono legati a quelli dei lavoratori. Ed è un disastro per l'intera società, perché molti mali che affliggono la nostra società, pure considerata tra le più ricche del mondo, ne sono il risultato. Ne risultano la ghettizzazione dei quartieri popolari, l'emarginazione di una parte della gioventù, l'insicurezza, i traffici e tante altre cose.

Ma la disoccupazione non è inevitabile, la si può combattere. Per fermare l'aumento della disoccupazione e sradicarla, c'è una semplice soluzione: vietare i licenziamenti collettivi e spartire il lavoro tra tutti senza perdita di salario. Questa sarà una delle esigenze essenziali che porterò avanti nella mia campagna. Costerebbe soldi al gran padronato? Sì, certamente, ma del denaro i gruppi capitalisti ne hanno, ben oltre quanto è necessario per gli investimenti che in realtà fanno sempre meno. Lo dimostra l'importanza raggiunta dalla speculazione.

Ebbene, i soldi sprecati nella speculazione sarebbero ben meglio utilizzati dal punto di vista degli interessi della società, se lo fossero per pagare stipendi con cui tutti possano vivere in modo dignitoso. E quando c'è meno lavoro, bisogna ridurre gli orari, ma senza ridurre i salari!

Questo sarebbe una misura di giustizia sociale elementare. Dall'inizio della crisi i proprietari e gli azionisti dei gruppi capitalisti hanno incassato ogni anno un dividendo in crescita del 5%, del 10% o più. Bisogna imporre che loro non percepiscano più questi dividendi per arrestare il declino subito dai lavoratori.

Imporre l'indicizzazione dei salari

Un altro requisito che difenderò nel corso della campagna sarà quello di essere protetti contro gli aumenti dei prezzi che si stanno moltiplicando. Gli affitti sono proibitivi per le famiglie dei lavoratori. I prezzi dei beni di consumo, in particolare i prodotti alimentari, aumentano sempre di più. L'unica misura in grado di proteggere il potere d'acquisto dei salariati contro questi aumenti dei prezzi è l'indicizzazione automatica dei salari sui prezzi. Quello che il movimento operaio tradizionalmente chiama la "scala mobile dei salari".

Oltre a queste due esigenze vitali, porterò avanti nella mia campagna l'idea della soppressione del segreto bancario, industriale e commerciale, vale a dire la soppressione del segreto degli affari. I gruppi capitalisti, i banchieri, sono troppo irresponsabili nei confronti della società. Si preoccupano solo del loro profitto privato, lo hanno dimostrato durante tutta la crisi.

Allora bisogna non lasciare che prendano le loro decisioni nel segreto dei consigli d'amministrazione, senza alcun controllo, senza alcuna trasparenza. Un operaio, un impiegato o addirittura un dirigente, anche se è a conoscenza di un progetto contrario agli interessi della società o dell'ambiente, non ha alcun diritto legale di rivelarlo. Bisogna rimuovere questo divieto.

La crisi finanziaria del 2008 ha rivelato tutte le pratiche bancarie dannose, le manovre speculative che hanno portato alla crisi. Ma era troppo tardi. Questi comportamenti scandalosi andrebbero rivelati in tempo, in modo che possano essere prevenuti.

Ma constato che anche dopo la crisi finanziaria del 2008 che ha rivelato fino a che punto le banche e gruppi finanziari erano responsabili del suo scatenarsi, piuttosto che sottometterli al controllo o anche solo ad un minimo di regolamentazione, tutti gli stati sono venuti in loro aiuto pagando somme fantastiche. E oggi è alla maggioranza della popolazione che si presenta la fattura, col pretesto del debito eccessivo degli stati. Ci si spiega che l'economia non può fare a meno delle banche. Forse è vero, ma può fare a meno dei banchieri!

Io sono a favore della espropriazione di tutte le banche, la loro unificazione in un'unica banca controllata dalla popolazione. È l'unico modo di opporsi al fatto che i soldi accumulati servono alla speculazione e di orientarli verso investimenti produttivi utili alla popolazione.

Per quanto riguarda l'uso del segreto da parte dei grandi padroni, ricordo lo scandalo rivelato prima dell'estate dalla CGT del gruppo PSA-Peugeot-Citroën. Come sapete, la PSA da tre anni sta studiando il progetto di chiudere tre dei suoi impianti, compreso la fabbrica di Aulnay, in un dipartimento - la Seine-Saint-Denis - già danneggiato da una forte disoccupazione. Circostanza aggravante, questo progetto è stato studiato dalla direzione proprio nel momento in cui aveva ricevuto tre miliardi di euro dallo stato, in cambio della promessa di non chiudere alcuna fabbrica.

I primi interessati, i lavoratori delle fabbriche minacciate, le loro famiglie e la popolazione circostante, non ne sarebbero stati informati se la CGT non lo avesse rivelato.

Abolizione del segreto degli affari!

È già abbastanza grave che coloro che dirigono l'economia siano irresponsabili fino a questo punto. Ma non bisogna lasciarli senza controllo. La legge punisce chi fa conoscere al pubblico i colpi mancini che si stanno preparando in segreto. Allora bisogna abolire questa legge! Questo, naturalmente, creerebbe solo le condizioni legali di un controllo della popolazione e perché questo controllo sia efficace, ci vorrà la volontà di questa popolazione di farsi carico di questo controllo e di mobilitarsi per imporlo. Ma la rimozione del segreto commerciale sarebbe un primo passo per sfidare la dittatura del grande capitale.

Questi sono alcuni dei punti chiave che intendo sollevare nella campagna presidenziale. Nessun altro metterà in evidenza questi obiettivi. Gli altri candidati sono troppo rispettosi del mercato e della proprietà capitalista per farlo. Allora capirete perché noi non cerchiamo alcuna alleanza in queste elezioni.

Qualunque siano i nostri risultati, a elezione finita ci saranno buoni consiglieri che verranno a dirci che, se ci fossimo alleati con Tizio e Caio oppure più precisamente con Jean-Luc Mélenchon, avremmo potuto ottenere risultati migliori e invece siamo condannati ad essere solo un candidato di testimonianza. Comunque, non rifiuto questa parola. Ma vorrei sottolineare che a parte colui che sarà eletto, tutti gli altri candidati non saranno altro che candidati di testimonianza!

Poi ci candideremo sulla base di queste idee che sono nostre, non solo perché ci sembrano giuste dal punto di vista degli interessi degli sfruttati, ma anche per consentire all'elettorato popolare di non essere rinchiuso nella scelta tra un presidente di destra che farà la politica del gran padronato, e uno (o una) presidente di sinistra che farà altrettanto.

Un programma per lottare!

E comunque, quando l'elezione sarà finita, i problemi rimarranno. Nessuno può essere stupido al punto di credere che l'elezione presidenziale possa influire sulla crisi economica. Con il proseguimento e forse il peggioramento della crisi, gli attacchi della classe possidente contro gli sfruttati s'inaspriranno. L'esplosione sociale è inevitabile, è necessaria, e affinché queste lotte non siano sviate verso vicoli ciechi, è essenziale che i lavoratori si impegnino nella lotta con la coscienza più chiara possibile dei loro interessi, quindi con un programma di lotta.

Gli obiettivi che ho appena elencati sono i punti salienti di questo programma. I miei compagni lo difendono ogni giorno sul terreno, in particolare sui posti di lavoro. Questo è il programma che difenderò durante la campagna. Non potrà essere realizzato da alcun spostamento di voti nelle urne. Ma se l'elezione presidenziale aiuterà a propagandarlo e a farlo conoscere maggiormente, sarà un passo importante per preparare il passo successivo, che si giocherà laddove i cambiamenti importanti si decidono: nelle imprese, nelle piazze e in ogni caso nella lotta.