Conclusioni per il 2022 e oltre...

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5 dicembre 2021

Da "Lutte de classe" n°220 - dicembre 2021 - gennaio 2022

Dal Congresso di Lutte ouvrière - Dicembre 2021

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Certamente il prossimo anno sarà una continuazione dell'anno precedente, o comunque probabilmente lo sarà in molti settori del nostro militantismo. Bisogna però aggiungere che la situazione, a livello economico come a livello politico e nelle relazioni internazionali, è sempre più instabile che in passato, sempre più irta di minacce. Con tutto quello che un cambiamento della situazione può comportare per la nostra attività. Senza nemmeno parlare dei colpi di scena della pandemia e dell'imprevedibilità delle misure governative.

Il militantismo ai tempi del Covid-19

L'anno passato in senso lato, cioè fin dall'inizio della pandemia nel marzo 2020, è stato un periodo difficile. È stato un anno di difficoltà quotidiane per tutti. Ma in maggior parte, le nostre difficoltà non sono state dovute alle nostre attività politiche. Sono state condivise da tutta la nostra classe: la minaccia del virus, gli ospedali sovraffollati, gli operatori sanitari esausti, le oscillazioni del governo nella gestione dell'epidemia, il lockdown, la fine del lockdown, con o senza test, le possibilità di viaggio variabili, i collegamenti difficili, la scoperta del vaccino, i viaggi con o senza green pass, la variante Delta, la quarta e quinta ondata. Tuttavia, le difficoltà nel mantenere delle relazioni e le difficoltà nel viaggiare sono state un po' più pronunciate per le attività politiche.

L'unica difficoltà che ci colpì specificamente in quanto militanti rivoluzionari fu che dovemmo rompere con un certo numero di abitudini degli anni precedenti e che dovemmo trovare nuove soluzioni per militare in condizioni mutate.

Ma su questo terreno, cioè quello di mantenere i legami tra noi e di continuare a rivolgerci ai lavoratori, non dobbiamo esagerare le difficoltà di questo periodo. Non paragoniamole nemmeno con quelle vissute dai nostri antenati politici, la socialdemocrazia tedesca sotto Bismarck e le sue leggi di emergenza, né con i bolscevichi durante quasi tutta la loro esistenza, a parte i periodi rivoluzionari del 1905 e del 1917. Le nostre difficoltà sono state molto modeste, anche rispetto a quelle conosciute dalla generazione trotskista attiva alla vigilia, all'inizio e durante la seconda guerra mondiale, sia in termini di sopravvivenza quotidiana che di sopravvivenza politica.

I nostri obiettivi nelle campagne elettorali

La nostra prima scadenza è ovviamente la campagna elettorale, o più precisamente le due campagne successive delle elezioni presidenziali e legislative che, per noi, costituiranno un'unica campagna politica. Abbiamo già iniziato questa campagna.

La sua base è di esporre una politica rivoluzionaria comunista, sia in relazione all'attualità, sia per fare propaganda in direzione della stragrande maggioranza della classe operaia che non riusciamo a toccare attraverso le nostre attività quotidiane ordinarie.

Oltre l'agitazione intorno alle questioni politiche attuali, diciamo, grosso modo, quella che facciamo con gli editoriali dei bollettini; oltre la propaganda generale per difendere la prospettiva della rivoluzione proletaria e la necessità di un partito operaio comunista rivoluzionario, vorremmo insistere sull'obiettivo che ogni gruppo di compagni, ogni militante, deve porsi per i mesi a venire.

Il periodo è quello che è, cioè segnato da un'evoluzione politica reazionaria. Non si tratta solo dell'evoluzione a destra dei partiti politici, ma anche dell'evoluzione reazionaria in tutta la vita sociale, in tutte le mentalità, anche nella nostra classe. Sarebbe inutile cercare di misurare quanto l'evoluzione a destra dei partiti politici influenzi l'opinione pubblica in generale e quanto siano i partiti che, per ragioni elettorali, si adattano all'evoluzione generale. Entrambe si influenzano.

Il nostro problema è capire questa evoluzione generale, capirla in profondità, non per adattarvici ma, al contrario, per cogliere ciò che la situazione nasconde come opportunità per far avanzare la costruzione di un partito operaio comunista rivoluzionario.

Cogliere le possibilità del periodo

In L'estremismo, malattia infantile del comunismo, Lenin discute di tutta la storia del partito bolscevico. Quest'opera è molto ricca di lezioni, per una buona ragione: fu scritta nella primavera del 1920, per i giovani partiti comunisti che stavano nascendo e ai quali era necessario trasmettere le lezioni essenziali della storia del partito bolscevico. Insistendo, proprio all'inizio del testo, sul "significato internazionale della rivoluzione russa", Lenin si rivolge a noi oltre un secolo dopo. È una storia che non è stata certo un lungo e tranquillo fiume sulla via della Rivoluzione d'Ottobre.

Durante i quattordici anni tra la nascita della frazione bolscevica nel 1903 e le rivoluzioni del febbraio e dell'ottobre 1917, il partito bolscevico sperimentò molte situazioni diverse: dall'esistenza di piccoli cenacoli di militanti, la maggior parte dei quali erano nell'emigrazione o nelle prigioni dello zar, a periodi rivoluzionari come quello del 1905. Dopo aver insistito sull'intensità e la portata dei dibattiti di idee nel movimento rivoluzionario russo, tra le correnti populiste, anarchiche e marxiste, dibattiti che portarono al bolscevismo, Lenin scrisse: "Il bolscevismo, nato su questa granitica base teorica, ha vissuto una storia pratica di quindici anni (1903-1917) che, in termini di ricchezza di esperienze, non ha eguali nel mondo. Nessun altro paese in questi quindici anni ha conosciuto, anche approssimativamente, una vita così intensa di esperienze rivoluzionarie, la rapidità con cui le varie forme del movimento si sono succedute, legali o illegali, pacifiche o tempestose, clandestine o provate, circoli o movimento di massa, parlamentare o terrorista. Nessun altro paese ha visto in un così breve intervallo di tempo una così ricca concentrazione di forme, sfumature, metodi, nella lotta di tutte le classi della società contemporanea, una lotta che, in conseguenza dell'arretratezza del paese e dello schiacciante giogo zarista, maturava particolarmente velocemente e assimilava avidamente e utilmente l'"ultima parola" dell'esperienza politica dell'America e dell'Europa".

A parte la decisione di prendere il potere nell'ottobre 1917, non è stato il partito bolscevico a creare le situazioni o a controllarle. Le situazioni nascono dai rapporti di forza sociali. Non si può, ovviamente, ricreare artificialmente "una così ricca concentrazione di forme, sfumature, metodi". Ma ciò può e deve essere studiato e penetrato.

Ma ciò che ne fa un modello per noi è che il partito bolscevico è stato capace, in tutti i periodi, di cogliere tutte le opportunità che la situazione offriva. E in certi periodi, le opportunità erano limitate a quelle che un militante o un gruppo di militanti rinchiusi nelle prigioni dello zar dovevano cogliere per coltivarsi politicamente e per coltivare gli altri, e allo stesso tempo per conquistarli. In tempi rivoluzionari, la situazione offriva molte opportunità che i militanti dovevano affrontare. Militanti decisi e competenti potevano portare una fabbrica o un intero reggimento dalla parte della rivoluzione.

Quindi cos'è questo periodo? Quali possibilità comporta di fronte alla crisi, con tutte le sue conseguenze, presenti o future, per i lavoratori? Senza menzionare la situazione in Martinica e Guadalupa, ci sono, anche in Francia, anche se su scala molto ridotta, assi di resistenza all'offensiva padronale. La sezione "aziende" del nostro giornale ne è testimone. Non si va molto avanti per ora, almeno rispetto alle Antille, ma ancora una volta questo può cambiare molto rapidamente, perché possiamo sentire, anche solo nelle discussioni, che il malcontento si sta trasformando in rabbia. D'altra parte, la classe operaia è politicamente disarmata. Non insistiamo su questo aspetto, ma è il vero problema, quello del partito operaio comunista rivoluzionario.

Quindi, facciamo tanti auguri a tutti i compagni per il prossimo periodo e per i compiti che ci aspettano. Per quanto possiamo prevedere, questi compiti non saranno grandiosi, ma speriamo che ci permetteranno di fare qualche passo avanti nella costruzione del partito operaio comunista rivoluzionario.

La questione delle scadenze

Con questo obiettivo diverse generazioni di militanti si sono succedute, fin dalla fondazione della Quarta Internazionale, a partire dalla catastrofe che fu lo stalinismo e la distruzione fisica, politica e morale della generazione che realizzò la prima rivoluzione proletaria della storia.

Fu la prima, comunque, che fu capace non solo di conquistare il potere, ma di conservarlo, dimostrando su scala di un sesto del pianeta che la classe operaia era capace di gestire la società. Ma come scrisse Trotsky, se i tempi per cambiare la società da cima a fondo sono stati più lunghi di ciò che Marx e la sua generazione immaginassero, la storia delle società non può essere misurata con gli stessi strumenti della vita degli uomini, e ancora più della vita dei militanti che hanno l'impazienza dei rivoluzionari.

Non sappiamo se possiamo parlare di ritardo, perché rispetto a quali scadenze sarebbe un ritardo, se non rispetto all'ondata rivoluzionaria che seguì la Rivoluzione d'Ottobre del 1917? Quello che è certo è che questo periodo è stato segnato da due guerre mondiali, da massacri senza fine e, soprattutto, dall'"accumulo di miseria, sofferenza, schiavitù, ignoranza, brutalità e degradazione mentale", per usare l'espressione di Marx, che la società di classe e lo sfruttamento riservano ai proletari.

Più di centocinquanta anni dopo che Marx ha scritto queste righe, le possiamo riprendere integralmente per descrivere la situazione odierna. Sono vere quando si tratta della situazione della stragrande maggioranza dei poveri del mondo, ma anche nei paesi imperialisti privilegiati che, con la crisi, hanno avviato la retromarcia per la maggioranza lavoratrice della popolazione.

L'attuale crisi economica, come abbiamo spiegato nel testo "Capitalismo in crisi e interventismo statale", sta portando al caos. Caos e legge della giungla nelle relazioni tra gruppi capitalisti e tra stati capitalisti. Caos tra aziende principali e subappaltatori e nell'organizzazione dei trasporti.

Questo caos si riflette anche all'interno delle imprese capitaliste, nell'organizzazione stessa del lavoro. E il caos dell'economia capitalista si riflette nella vita sociale, nelle relazioni internazionali e nel comportamento individuale. È l'insieme della vita sociale organizzata su base capitalista, cioè con la proprietà privata dei mezzi di produzione, la concorrenza, la legge del mercato, che sta crollando sotto i nostri occhi.

Quanto agli stati, strumenti della borghesia ovunque, sono soggetti a due evoluzioni contraddittorie. Da un lato, c'è un'evoluzione verso un crescente autoritarismo. Ma tale evoluzione necessita di avere i mezzi per attuarla, cioè una borghesia ricca e un apparato statale solido e collaudato di cui essa si può fidare. D'altra parte, la dislocazione degli stati riflette la dislocazione della società nel suo insieme.

L'evoluzione degli stati nel caos capitalista

Da un lato, ci sono la decina di paesi imperialisti che si sono arricchiti grazie allo sfruttamento passato e presente dei paesi poveri, che sono accompagnati da pochi altri paesi industriali come quelli dell'Europa dell'Est.

Dall'altra parte ci sono i paesi poveri. Alcuni di essi, tra cui alcuni in Africa, sono già disgregati anche territorialmente: Libia, Sudan, Somalia, Yemen, e forse si dovrebbe aggiungere l'Etiopia.

C'è un'altra variante, come ad Haiti, dove le bande armate criminali stanno sostituendo sempre più l'apparato statale.

Il caos è anche quello delle centinaia di migliaia di donne, uomini e bambini cacciati dai loro paesi dalla guerra o dalla fame, che muoiono nel Mediterraneo, nella Manica, sulle strade dei Balcani o tra il filo spinato alla frontiera della Bielorussia. Il caos è anche nelle abiette contrattazioni tra i paesi europei sul modo migliore per farli tornare indietro.

Il caos è anche nella testa della gente, con tutte le forme di teorie del complotto e la proliferazione di idee reazionarie.

Da tempo abbiamo ricordato l'espressione di Rosa Luxemburg "socialismo o barbarie". Per molti versi, la barbarie non è una minaccia per il futuro, perché è già il presente. Non assume ancora la forma di una guerra generalizzata. Ma nella lotta contro i popoli di questo pianeta, le guerre locali o le guerre di varie oppressioni nazionali o etniche hanno causato o stanno causando molte più vittime delle due guerre mondiali del passato. La lotta per la distruzione dell'organizzazione capitalista della società, che è diventata da tempo l'unica lotta degna, è ora una questione di vita o di morte per molti.

Da quando esiste la dominazione capitalista, molte generazioni hanno sognato l'emancipazione sociale, ma hanno potuto solo sognarla. Ma quello che era solo un sogno, un'utopia, divenne con Marx un mezzo di comprensione della società e, allo stesso modo, uno strumento di lotta. I partiti comunisti rivoluzionari e un'internazionale sono indispensabili per condurre questa lotta.

Nonostante il fatto che le lotte delle generazioni successive del proletariato non abbiano portato a cambiamenti nell'organizzazione sociale, la società ha continuato ad evolvere. Nonostante il freno del capitalismo e i balzi all'indietro di certe epoche, crisi o guerre, la società ha continuato ad accumulare materiali che rendono l'organizzazione capitalista della società sempre più anacronistica, ma che allo stesso tempo offrono la possibilità di porvi fine e creare una nuova società senza proprietà privata e senza sfruttamento.

Abbiamo detto molte volte che, al di là della crescente capacità produttiva del lavoro umano, lo sviluppo capitalista ha messo in atto una moltitudine di forme organizzative che forniscono i mezzi per gestire razionalmente le capacità produttive e la distribuzione su scala globale. Quando il dominio della borghesia sul mondo sarà rovesciato e i mezzi di produzione saranno controllati dalla classe operaia, il socialismo dimostrerà la sua superiorità e un ritorno al capitalismo sarà impossibile. È l'orgoglio di lottare per questa prospettiva, per quanto ristretto sia oggi il nostro ruolo nel portarla avanti, che deve guidarci nell'affrontare le difficoltà.

A tutte le generazioni di compagni

Infine, vorremmo rivolgerci ai militanti delle diverse generazioni. I militanti più anziani non possono avere il corpo di un ventenne, ma sono ancora qui. E speriamo che abbiano sempre il cuore dei loro vent'anni! Nella nostra "professione", nella nostra vocazione, non esiste la pensione, eccetto quando l'invecchiamento o la malattia non ci consentono più di lavorare. Perché finché esiste la volontà militante, c'è sempre qualcosa da fare, anche solo da trasmettere ai militanti più giovani.

Il merito principale dei militanti delle vecchie generazioni è di essere ancora qui. Di esserci prima di tutto politicamente, cioè senza aver tradito le proprie idee giovanili e senza aver raggiunto il campo avverso.

Una delle cose che sul lungo periodo ci distingue dalle altre correnti trotskiste è che anche quelli della nostra organizzazione che hanno rinunciato alla lotta, non hanno fornito alla borghesia deputati, ministri, in altre parole lacchè dei piani alti.

Senza questa generazione di militanti anziani, l'organizzazione non potrebbe funzionare davvero. Ma coloro da cui dipende il futuro sono i giovani. Allora, a proposito dei militanti più giovani, bisogna dire anzitutto che devono trovare in se stessi l'entusiasmo e la volontà di lottare nonostante la corrente contraria dominante. Devono anche avere la bussola politica dentro di sé.

Devono pensare come marxisti e questo deve diventare naturale. La necessità di coltivarsi come marxista, per un militante, non si ferma mai. Se si rilegge la stessa opera di Marx, Lenin, Trotsky e molti altri, a seconda degli eventi, si troverà ogni volta qualcosa di nuovo, perché non sono solo i libri che educano, è il confronto delle idee contenute in questi libri con la vita, con la lotta di classe vivente.

Bisogna essere capace di ragionare come marxista, anche da solo, anche se non c'è un'organizzazione dietro di sé, anche se non ci sono altri militanti che ci guidano. Tanto più che quando si milita contro corrente, si è sotto pressione, e sempre di più.

C'è la pressione degli avversari, ma anche la pressione dell'ambiente piccolo-borghese che ci circonda e che, anche quando dice di essere di sinistra, anche se conduce certe lotte con cui siamo solidali, non le concepisce nella prospettiva della rivoluzione proletaria e del comunismo.

Auguriamo a tutti quelli che sono già qui, così come a quelli che devono essere ancora conquistati, di essere tra coloro che spingeranno questa lotta fino al rovesciamento del sistema capitalista su scala internazionale.

5 dicembre 2022