Per una risposta collettiva del mondo del lavoro

Εκτύπωση
Da "Lutte de Classe" n° 67 (Testo del discorso di Arlette Laguiller)
4 ottobre 2002

Testo del discorso di Arlette Laguiller al comizio del 4 ottobre 2002, Sala della Mutualité a Parigi - da "Lutte de Classe" n° 67, ottobre 2002.

Lavoratrici, lavoratori, compagni e amici,

Il successo della manifestazione del 3 ottobre dei lavoratori della EDF-GDF (Elettricità e gas di Francia) è un successo per tutto il mondo del lavoro. E' la dimostrazione che i lavoratori rispondono positivamente quando sono chiamati all'azione per quello che riguarda i loro interessi.

Una manifestazione, anche riuscita, certamente non basterà a cambiare il rapporto di forza tra il padronato, sostenuto dal governo, e i lavoratori. Ma può contribuire a ridare fiducia nella lotta.

E la lotta, la risposta collettiva dell'insieme dei lavoratori, è l'unico modo per fermare l'offensiva condotta dal padronato e dal governo contro le classi popolari.

Incoraggiato dalla sua elezione del 5 maggio 2002, trasformata in un plebiscito dall'appello della sinistra a votare per lui, Chirac crede si può permettere tutto contro le classi popolari. Tanto più che dopo la sua elezione, le elezioni legislative gli hanno assicurato una maggioranza parlamentare docile. Le misure antioperaie del governo Raffarin si succedono a raffiche, e contemporaneamente le misure a favore delle classi ricche.

In questi giorni il Parlamento si prepara ad adottare definitivamente la legge Fillon. Col pretesto di ammorbidire la legge Aubry delle 35 ore, la legge Fillon ne riprende tutti gli aspetti favorevoli ai padroni e nefasti ai lavoratori. Riprende l'annualizzazione del tempo di lavoro e la flessibilità degli orari. Ma, di più, sopprime la riduzione del tempo di lavoro per i salariati delle medie e piccole imprese. Quindi più di tre milioni di lavoratori rimarranno a 39 ore, pur subendo tutti gli inconvenienti della legge Aubry con le modifiche di Fillon. Questa legge autorizzerà i padroni ad imporre più ore di straordinario senza riposo compensativo. E con l'annualizzazione, questi straordinari non saranno neanche contati alla settimana, il che permetterà al padrone di imporre settimane di 40, 42, o addirittura 50 ore, quando gli farà comodo, senza neanche dovere pagare gli straordinari se alla fine dell'anno l'ammonto legale di ore di lavoro non viene superato. E, nelle imprese di meno di 20 salariati, questi straordinari saranno pagati solo con il 10% di più, invece del 25%.

Invece lo Stato continuerà a pagare decine di miliardi di euro ai padroni in compenso di queste 35 ore... che non debbono più applicare !

Ma c'è ancora un altro aspetto della legge Fillon che prolunga la legge Aubry, pur peggiorandola. L'orario di lavoro, come il tasso di maggiorazione degli straordinari, anche nelle grandi imprese, dovranno risultare dalle trattative categoria per categoria, addirittura impresa per impresa.

Questo è un ritorno indietro considerevole. Questo significa che in realtà, l'orario di lavoro non risulta più dalla legge e non è più imposto ai padroni. Negoziare categoria per categoria o impresa per impresa, vuol dire accettare di dividere i lavoratori. Vuol dire accettare che il rapporto di forze non venga più stabilito sulla scala dell'insieme del mondo del lavoro. Vuol dire sfavorire i settori della classe operaia che sono meno in situazione di difendersi.

Un'altro attacco contro il mondo del lavoro riguarda lo SMIC, il salario minimo legale (Salario minimo intercategoriale di crescita). Per non urtare questi signori del padronato, la socialista Aubry aveva rifiutato l'aumento complessivo di tutti gli SMIC (SMIC orario, SMIC mensile, ecc.). Aveva creato sei SMIC mensili diversi, a seconda del momento in cui il salariato era passato alle 35 ore. Il governo afferma che vuole armonizzare tutto questo. Ma questa armonizzazione consiste nel frenare l'evoluzione del più alto di questi sei SMIC, finché quello più basso lo raggiungerà. E' un modo per bloccare i salari di lavoratori che già sono mal pagati.

Questo è tanto più inaccettabile perché, al contrario di quanto indicano le lettere SMIC, in realtà e già da molto tempo, non si tratta più di un salario minimo. Tre milioni di lavoratori, ridotti alla precarietà o al part-time, prendono molto meno dei 1.035 euro dello SMIC minimo che in realtà è divenuto un salario medio che riguarda 2 700 000 lavoratori.

Nel settore pubblico, la politica di privatizzazione che l'attuale governo ha ripresa dal governo precedente fa da pretesto per sopprimere posti di lavoro e per attaccare le pensioni.

Ieri, giornata della manifestazione dei lavoratori dell'EDF-GDF (Elettricità e Gas di Francia), abbiamo sentito tanti di questi commentatori pieni di odio antioperaio, che spiegavano che i lavoratori dell'EDF-GDF, che hanno manifestato contro la privatizzazione, volevano innanzitutto difendere "i loro privilegi". Per questa gente, andare in pensione dopo una vita di lavoro, dopo 37 anni e mezzo di contributi, con una pensione decente, questo è un privilegio. Non si sente mai questa gente protestare contro i redditi allucinanti dei parassiti che vivono di dividendi azionari. Non si sente mai questa gente protestare contro questi possessori di capitali che tolgono gli investimenti dalla produzione per speculare, anche se questo rovina l'economia.

I lavoratori dei servizi pubblici hanno mille volte ragione di difendersi sulla questione della mancanza di personale nociva per tutti, negli ospedali, nelle scuole, nei quartieri !

E dobbiamo pensare che questo attacco contro la pensione di quelli della funzione pubblica, a cui Juppé nel '95 non era riuscito ad imporre il passaggio da 37 anni e mezzo di contributi a 40 anni, riguarda l'insieme dei lavoratori. Balladur l'aveva imposto nel settore privato. Quindi Juppé aveva affermato che era ingiusto trattare i lavoratori dei servizi pubblici meglio di quelli del settore privato. Allora se, col pretesto dell'uguaglianza, il governo riuscisse a livellare al minimo la pensione di tutti, non esiterebbe poi a proseguire gli attacchi contro tutti.

Allora, diciamo sì, bisogna rendere uguali per tutti i sistemi pensionistici, ma coll'annullare il decreto di Balladur, applicato poi senza nessun rimorso da Jospin. Bisogna tornare ai 37 anni e mezzo di contributi per tutti, ma con una pensione che consenti a tutti di vivere decentemente !

Tutti sanno che Chirac e Raffarin stanno preparando per l'anno prossimo un'offensiva generale contro le pensioni. Vogliono aprire la strada alla pensione per capitalizzazione. Questo significa che i lavoratori dovranno fare ancora più economie, investirle in un fondo, non importa che si chiami fondo pensione o in un altro modo, e che questo fondo gestirà questo denaro, investendolo fino all'età della pensione. Ma la conseguenza sarebbe una pensione fortemente diminuita per questa maggioranza di salariati che non guadagnano abbastanza per fare economie ed investirle.

Non si può accettare che gli anziani siano buttati nella miseria dopo una vita di lavoro. Non si può neanche accettare che le economie dei lavoratori che potrebbero dare un contributo siano giocate nel casinò della Borsa. Molti pensionati americani si ritrovano così senza soldi per la vecchiaia perché l'azienda che ha gestito il loro denaro ha fatto speculazioni ed è fallita.

Mentre il governo Chirac-Raffarin moltiplica i colpi contro le classi popolari, favorisce in modo vergognoso le classi più ricche. E' così con la diminuzione dell'imposta sul reddito. Il 6% di diminuzione già deciso frutterà centinaia di migliaia di euro ai contribuenti più ricchi, alcune decine di euro ai contribuenti medi e piccoli, e niente alla metà della popolazione che non paga l'imposta sul reddito. Eppure questi pagano un imposta di quasi 20% sul loro reddito, cioè l'IVA, questa imposta sui consumi che grava pesantemente sulle loro magre risorse. E questo carico, nessuno parla di alleggerirlo.

Ma perché il governo Chirac-Raffarin dovrebbe preoccuparsi di questa metà della popolazione dai redditi più modesti, più di quanto ha fatto il governo Jospin ?

Accanto al regalo fiscale che rappresenta per i redditi più alti la diminuzione dell'imposta sul reddito, quanto vale questo premio per l'occupazione, questa invenzione di Fabius che Raffarin riprende a conto suo, tanto più che i pensionati non hanno neanche diritto a queste poche decine di euro ?

Il governo pretende che coll'abbassare le imposte si lasciano più soldi per i consumi e che un aumento dei consumi è buono per l'economia. Ma il milionario al quale questo regalo fiscale porta decine di migliaia di euro non consumerà di più. I soldi di questa diminuzione delle tasse andrà innanzitutto verso investimenti finanziari, cioè verso la speculazione.

E non parliamo dei piccoli regali dati ai più agiati, come l'abbassamento dell'imposta sull'impiego di persone di servizio. Non parliamo del fatto che si sta parlando di abbassare l'imposta sulla fortuna, che già non è tanto pesante. Le diminuzioni di oneri sociali delle imprese rappresentano un importante regalo al padronato.

In una recente dichiarazione, il segretario generale della confederazione sindacale FO, Marc Blondel, ha affermato che gli sgravi di oneri sociali dei padroni corrispondono ad 800000 posti di lavoro nei servizi pubblici.

Ciò che i padroni chiamano "oneri sociali" sono in realtà una parte del salario, la sua parte indiretta. Quando il governo la regala ai padroni, sono i lavoratori che sono derubati !

"Ridurre i contributi sociali favorisce l'occupazione", ecco lo slogan ribadito da tutti i governi da più di trenta anni, dalla sinistra alla destra e riecheggiato dalla stampa di regime. Ma questo è una farsa sinistra poiché, da quel momento si è passati da 100000 disoccupati a 2400000, perfino a cinque milioni se si contano tutti quelli che hanno solo un lavoro intermittente.

I postini, i lavoratori della sanità, i ferrovieri, gli insegnanti che chiedono disperatamente aumenti del personale, hanno assolutamente ragione dal punto di vista dell'insieme della società. Perché è tutta la società, e innanzitutto la popolazione lavoratrice, che subisce le conseguenze della mancanza di personale negli ospedali, nelle scuole dei quartieri popolari.

Il progetto di legge finanziaria appena presentato da Raffarin dimostra chiaramente il suo carattere antipopolare. Meno soldi per i servizi pubblici indispensabili alla popolazione, più soldi per i padroni e per le classi agiate : si prende ai più poveri ciò che si dà ai più ricchi.

E anche nelle spese pubbliche, le scelte fatte vanno contro gli interessi delle classi popolari. Mentre mancano alloggi corretti con affitti accettabili, si sta per costruire una portaerei nucleare. Mentre gli ospedali sono lasciati in una situazione catastrofica, si dedicheranno i soldi dello Stato a fare nuovi sommergibili militari. Meno letti per i malati negli ospedali, ma più carri armati Leclerc. Meno ospedali di maternità, asili nidi in numero insufficiente, ma i "flash-ball" per la polizia. E non parliamo dell'intervento militare in Africa che costerà milioni di euro.

Il governo sopprime parecchie migliaia di posti di educatori e sorveglianti nelle scuole ma ha fatto il progetto, poi abbandonato davanti alle proteste, di una multa fino a 2000 euro, per le famiglie degli alunni colpevoli di assenze ripetute e ingiustificate. Invece di educare i bambini delle classi popolari, si puniranno i genitori.

I soldi dello Stato dovrebbero permettere una certa ridistribuzione delle ricchezze, una certa correzione delle disuguaglianze sociali tramite i servizi pubblici. Ma, per sviare sempre più i soldi dello Stato in direzione del padronato, si risparmia sui servizi pubblici.

Gli attacchi contro i servizi pubblici fanno parte degli attacchi contro le classi popolari. Perché quando si riduce il numero degli educatori e insegnanti, quando si limita il numero degli insegnanti, sappiamo che saranno le scuole dei quartieri popolari a pagarne le conseguenze. Eppure in realtà sarebbe proprio il caso di dare a queste scuole più mezzi, più personale, affinché l'educazione nazionale possa compensare, fosse solo un po', tutti gli svantaggi che questa società di classe carica sui figli dei ceti più sfavoriti.

Quando si cerca di imporre più redditività nei trasporti pubblici o nei servizi postali, questo significa ancora che si favorisce ciò che frutta, cioè quello che serve alle classi agiate, e si abbandona quello che è indispensabile alle classi più povere. Sono i più poveri a pagare le conseguenze della soppressione delle cosiddette linee secondarie delle ferrovie, dell'insufficienza dei treni di periferia o della chiusura di stazioni. E' per loro, e in particolare per i più anziani, che la vita diventa più difficile perché si chiude l'ufficio postale di un quartiere o si sopprimono cabine telefoniche nei paesi o nei quartieri popolari.

Allora, bisogna impedire questo ! Difendere i servizi pubblici non è difendere uno statuto giuridico. Non è solo difendere un principio astratto. E' difendere le classi popolari che, senza i servizi pubblici, non possono accedere ad un'educazione corretta, a cure mediche corrette, a trasporti ed alloggi corretti.

Questa diminuzione della parte dedicata ai servizi pubblici è tanto più grave che la disoccupazione, che da 16 mesi ricomincia ad aumentare, diminuisce ancora il potere d'acquisto delle famiglie operaie. Non c'è da stupirsene.

I piani di licenziamenti nelle grandi imprese si succedono quasi ogni giorno. La Alcatel sopprime 23000 posti di lavoro, ossia il 28 % del suo personale su scala mondiale. La Mitsubishi sopprime 1000 posti di lavoro, la Hewlett- Packard più di un migliaio, la Daewoo chiude la sua fabbrica in Lorena, la Aventis chiude il suo centro di ricerca di Romainville. E adesso la Infograme, la Bayer, la Matra-Auto e la Saint-Gobain hanno dato l'annuncio di nuovi piani di soppressione di posti di lavoro. E questi nuovi licenziamenti si aggiungono, ovviamente, ai piani di licenziamenti già in corso.

Quante di queste imprese hanno incassato sovvenzioni consistenti, tanto dallo Stato quanto dalla Regione, dall'Europa o dalla provincia ? E non si parla neanche di costringerle a rimborsare il denaro così indebitamente incassato !

Questi licenziamenti si fanno con la complicità del governo che potrebbe opporsi, se lo volesse. Questo governo di destra, che da quel punto di vista non è da meno della sinistra, non prova neanche il bisogno di giustificare la sua compiacenza e complicità con i padroni licenziatori. E perché lo dovrebbe fare mentre il suo predecessore, il governo socialista, aveva dichiarato per bocca del suo capo Jospin al momento del caso Michelin che contro i licenziamenti non poteva fare niente ?

Gli attacchi contro il mondo del lavoro non sono solo materiali. Le nuove leggi che sta preparando il ministro degli interni non sono solo leggi che attentano alle libertà individuali. Sono anche, chiaramente, leggi contro i poveri. Fino a questa parte, il divieto della mendicità per esempio era solo il fatto di alcuni sindaci reazionari di qualunque appartenenza politica, anche socialista. Ormai, sarà una legge.

Dagli immigrati ai "sans-papiers" e agli zingari, le leggi di Sarkozy prendono a bersaglio i ceti popolari di cui la società ha fatto degli esclusi.

Incapace di impedire la povertà prodotta da questa società di ingiustizia e di disuguaglianza, i servitori politici della borghesia scelgono di punire i poveri come facevano all'inizio del capitalismo, quando si imprigionavano o si condannavano all'ergastolo quelli che all'epoca venivano chiamati i "vagabondi".

Tutti quelli che sono qui si ricordano come, solo quattro mesi fa, Chirac ci è stato presentato come un baluardo contro Le Pen. Ebbene, si vede chiaramente, con le decisioni di questo governo Chirac-Raffarin, che perché il governo metta in pratica la politica di Le Pen, non c'era neanche bisogno che questi venga al potere. Non lo dico solo io. Vi riporto l'espressione della stessa figlia di questo demagogo d'estrema destra che ha dichiarato alcuni giorni fa al quotidiano Le Parisien : "Raffarin parla la lingua di Le Pen", riprendendo i temi sui cui fa poggiare questo giudizio : "inversione dei flussi migratori, priorità alla sicurezza e alla difesa, aumento dei crediti alla giustizia, ecc." E, aggiunge, non sono stati i lepenisti a fare un passo verso la maggioranza, anzi, è stato il contrario.

Sì, con questo governo di destra, i padroni e la borghesia vanno avanti senza maschera. E' questa l'unica differenza con la sinistra. Non cercano neanche di nascondere che sono lì per servire direttamente gli interessi dei più ricchi e che, per arricchirli ancora di più, impoveriscono ancora le classi popolari.

Sì, tutta questa gente si sente sicura di se, da Chirac a Raffarin, Juppé, Sarkozy e tutti gli altri. E quando alcuni dirigenti del Partito Socialista si azzardano a protestare dicendo che l'82% di voti per Chirac provengono in parte dall'elettorato di sinistra, questi lamenti destano solo la sdegnosa ironia di Chirac, Raffarin e compagnia bella, che disprezzano quelli che si sono inginocchiati.

Loro lo sanno bene, che Chirac non aveva bisogno dei voti di sinistra per essere eletto e quindi, che non deve niente a nessuno. Ciò che la sinistra ha portato a Chirac, è di trasformare un'elezione sicura in un trionfo personale e un plebiscito politico. La sinistra si è inginocchiata da sola. E oggi ancora, ne è fiera !

Sì, i grandi partiti di sinistra hanno preparato politicamente il terreno per la destra, come ben spesso hanno fatto in passato. Lo hanno preparato facendo loro stessi une politica di destra, e molti provvedimenti che oggi sono attuati dal governo di Raffarin sono stati preparati dagli alti funzionari dei ministeri del governo precedente. Hanno perso le elezioni per questo, e per capirlo non c'è bisogno di studi sulla psicologia di Jospin o l'incomprensione delle classi popolari.

Sì, c'è di che essere indignati dai progetti di privatizzazione del governo Chirac-Raffarin. Prima, dal punto di vista dei lavoratori di queste imprese. Perché, per riuscire a vendere ai privati tutto o parte della France Télécom, della Air France o della Snecma, il governo cercherà di piacere ai mercati finanziari col frenare i salari, col sopprimere delle conquiste, col ridurre il personale. Ogni progetto di privatizzazione significa necessariamente una degradazione delle condizioni di lavoro dei salariati.

Ma non sono solo i lavoratori delle imprese privatizzate, sono tutte le classi popolari a subire le conseguenze delle privatizzazioni o anche della ricerca di redditività quando si tratta di servizi pubblici. Difatti, servizio pubblico e ricerca di profitto sono cose assolutamente contraddittorie. Ora, tutti i governi che si succedono da molto tempo spingono in questa direzione alla SNCF (Ferrovie dello Stato) così come alla Posta, alla France Télécom o addirittura negli ospedali.

Colmo del cinismo, oggi per esempio la stampa padronale se la prende con la gestione statale della France Télécom per denunciare l'indebitamento calamitoso accumulato dall'impresa nazionale. Ma se la France Télécom si è indebitata, non è affatto per adempiere meglio il suo compito di servizio pubblico. Non è per servire meglio i quartieri popolari o i villaggi lontani ; non è per assumere personale supplementare ; la France Télécom si è indebitata per comprare imprese da tutte le parti del mondo a prezzi speculativi ; si è indebitata per comprare parti di mercato, esistenti o ipotetiche, sul mercato mondiale delle telecomunicazioni.

Se il governo di destra può affermare tranquillamente che l'introduzione di interessi privati nei servizi pubblici ne migliorerà il funzionamento, è perché la sinistra gli ha preparato gli argomenti. Ma abbiamo visto, con il fallimento della società americana Enron, cosa può costare di consegnare l'erogazione dell'energia al profitto privato. E, ancora in questo caso, saranno i lavoratori di questa impresa a pagare perché perdono il posto di lavoro e, di più, hanno perso i soldi della pensione. E le ferrovie britanniche privatizzate, o più recentemente, il controllo aereo privatizzato dello spazio aereo svizzero, hanno illustrato drammaticamente le conseguenze della ricerca di redditività in questi settori.

Sì, bisogna opporsi a questi processi di privatizzazione. Ma ci vuole una buona dosa di cinismo ai dirigenti del Partito Socialista o del Partito Comunista per protestare contro la privatizzazione della Air France, della EDF- GDF o della Snecma, mentre i lavoratori di queste imprese sanno benissimo che questi progetti sono stati preparati, e in parte attuati, sotto i ministeri di Fabius e Gayssot. Ci vuole un bel cinismo per protestare contro la diminuzione dell'imposta sul reddito dei più ricchi mentre questa diminuzione era già stata decisa da Fabius.

Oggi, il Partito socialista prova a rimettersi in sesto all'opposizione. Ma sarà difficile. I lavoratori non sono senza coscienza e senza memoria, e non dimenticheranno così presto questi ministri socialisti, la loro ossequiosità rispetto al padronato, il loro disprezzo verso le classi popolari. Non dimenticheranno così presto che la sinistra al governo non ha fatto niente per migliorare la loro vita quotidiana. Non ha fatto niente per aiutarli di fronte ai licenziamenti, di fronte all'avidità padronale. Anche oggi, mentre non sono più ministri, quale è il lavoratore che può riconoscersi in quello che dice, quello che fa o quello che è un Fabius o uno Strauss-Kahn ?

Fabius e Strauss-Kahn continuano, anche nell'opposizione, a tenere un discorso tanto apertamente filopadronale quanto la politica che hanno portata avanti quando erano al governo. Tutt'al più viene assortito con alcune critiche sui metodi. Questo è il viso rassicurante che il PS vuole, anche all'opposizione, offrire alla borghesia.

Ma per servire la borghesia al governo, bisogna avere una maggioranza, quindi essere eletto. Allora una divisione dei compiti si sta facendo in questo momento nel PS, di cui una parte prova a mostrare un viso un po' più radicale in direzione delle classi popolari.

"Un nuovo mondo" -niente di meno !-, ecco il nome appena scelto dalla nuova corrente che vuole essere la sinistra del PS. Ma i padri di questo "nuovo mondo" sono vecchi cavalli di ritorno dei posti ministeriali. Henri Emmanuelli, uno dei due cervelloni di questa nuova corrente, fu ministro senza discontinuità dal 1981 al 1986. Non desse le dimissioni quando il governo di cui faceva parte decise il blocco dei salari o la ristrutturazione drastica della siderurgia buttando sul lastrico migliaia di lavoratori di questo settore. E lui che, oggi, cerca di trovare parole radicali contro il "social-liberalismo di sottomissione" rappresentato secondo lui da Fabius, non ebbe esitazioni per fare il ministro nel governo di quest'ultimo. Quanto a Mélenchon, fu ministro fino all'ultimo giorno del governo Jospin. Condivide completamente la responsabilità di tutti i colpi sferrati da questo governo ai lavoratori, che hanno portato alla sconfitta elettorale di Jospin.

E poi, basta ascoltarli, anche oggi, all'opposizione, quanto sono cauti, quanto non vogliono destare speranze e innanzitutto combattività con esigenze troppo precise.

Durante la loro riunione di fondazione ad Argelès-sul-Mare, quando Mélenchon ha preso un tono da guerrigliero latino-americano per gridare "fuoco sui quartieri generali", non parlava del Quartiere Generale dell'esercito, né di quello del padronato, ma di quello della direzione del Partito Socialista. Il bel radicalismo di tutta questa gente si riduce al volere fare fuori François Hollande, il segretario del PS, per prendere il suo posto. E quando questa gente pretende di "riconciliare radicalismo e responsabilità", il radicalismo verbale è riservato agli elettori, e la responsabilità alla borghesia.

Quanto al Partito comunista, abbiamo visto con la recente festa dell'"Humanité" che ha ancora una forte influenza popolare. La Festa dell'"Humanité" è solo una delle occasioni in cui tutti lo possono constatare. Ma tutti quelli che militano nelle classi popolari sanno che nella maggior parte delle imprese, almeno quelle grandi, molto spesso sono ancora i militanti o ex militanti del PC a dare vita alla CGT. E spesso sono ancora loro che, nei quartieri popolari, danno vita ad associazioni di inquilini, di genitori di scolari, di comitati di disoccupati e molti altri che, su questo punto o quest'altro, hanno una parte utile nella difesa del mondo del lavoro.

Sì, nonostante la sconfitta elettorale di Robert Hue, conseguenza di cinque anni di partecipazione e sostegno assoluto ad un governo antioperaio, nonostante il voto politicamente disastroso a favore di Chirac, il PCF conta ancora migliaia di militanti e simpatizzanti, pronti a dare parte del loro tempo e della loro energia. Ma molti di questi militanti sono scoraggiati, demoralizzati e si sentono persi perché la loro direzione non gli dà nessuna prospettiva, tranne appunto quella che ha portato al risultato calamitoso di Robert Hue.

Oggi, mentre il PC si ritrova suo malgrado all'opposizione, i suoi dirigenti provano a ritrovare un discorso più radicale. Alla festa dell'"Humanité", Marie-George Buffet ha rivendicato "la validità e la forza di un obiettivo comunista". Ha affermato la sua volontà di "costruire un'alternativa all'ordine capitalistico del mondo".

Invece non c'è stata una parola di critica della politica recente del PC. Neanche una parola per dire ciò che non hanno fatto durante cinque anni al governo, e ciò che ci avrebbero dovuto fare, poiché affermano ancora che bisognava parteciparci ! Neanche una parola per dire quali sono le leggi che avrebbero dovuto votare a favore dei lavoratori, quali leggi avrebbero dovuto bloccare, se ci ricordiamo che senza i deputati comunisti il governo di Jospin non aveva maggioranza !

Allora, quale fiducia i militanti del PC che riflettono possono dare a questa direzione quando afferma -la sto citando- "i comunisti si impegneranno con tutte le loro forze nella resistenza ai provvedimenti del governo" ?

Difatti se questa resistenza rimane soltanto parlamentare, questa affermazione è ridicola data l'inconsistenza della rappresentazione del PC in Parlamento rispetto alla schiacciante maggioranza della destra.

Certamente invece, se i dirigenti comunisti volessero appoggiarsi sulle lotte dei lavoratori per combattere il governo, il PCF potrebbe giocare un ruolo importante dato il numero dei suoi militanti e la loro presenza un po' dovunque, in tanti quartieri ed imprese. L'energia che rappresentano tutti questi militanti è stata sprecata inutilmente in questi anni di collaborazione al governo. E' stata usata per difendere il governo socialista, per presentarlo come un punto d'appoggio per il mondo del lavoro, mentre faceva una politica violentemente antioperaia. Ebbene, queste energie militanti potrebbero finalmente darsi da fare per rimobilitare il mondo del lavoro. Ma la direzione del PC non farà niente perché sia così, anche adesso mentre sta all'opposizione e mentre nessun patto di governo non la subordina più al PS. Infatti, per essere di nuovo considerato atto a gestire gli affari e gli interessi della borghesia, il PCF deve escludere di appoggiarsi sui lavoratori.

Allora Robert Hue e Marie-George Buffet, anche quando affermano di essere ancora comunisti, ingannano ancora i lavoratori, cominciando dai loro propri militanti.

Se nonostante le delusioni del passato la base del PC è ancora viva, la sua testa è politicamente morta, e da molto tempo. E' politicamente morta da quando la sua strategia fondamentale è divenuta quella dell'associazione col PS per gestire periodicamente, al governo, gli affari e gli interessi della borghesia. Questa politica è fallita da molto tempo, e non solo da quando Robert Hue ha preso i comandi del partito. Ma questa volta, il fallimento è visibile.

E se i militanti del PC vogliono ancora agire come comunisti, lo possono fare soltanto scavalcando il quadro della politica proposta dal loro partito.

Lavoratrici, lavoratori,

Gli scioperi del novembre-dicembre 1995 che, anche limitati ai principali servizi pubblici, costrinsero Juppé a fare dietrofront sulla questione delle pensioni degli statali e furono all'epoca una lotta estremamente potente, furono preparati durante tutto l'anno 1995 da una mobilitazione progressiva sotto forma di giornate di mobilitazione con una partecipazione crescente, finché lo sciopero scoppiasse.

I lavoratori, che avevano ripreso fiducia nelle proprie forze, seguirono quindi l'appello allo sciopero ad oltranza, sciopero che fu ricondotto ogni giorno nelle assemblee generali, in cui la partecipazione fu molto numerosa e molto democratica... fino al giorno in cui la CGT decise brutalmente la ripresa del lavoro.

Certamente lo sciopero generale non si decide premendo un pulsante. Perché i lavoratori s'impegnino nei sacrifici di uno sciopero di lunga durata, non solo occorre che siano stufi di quello che debbono subire, bisogna anche -e questo è naturale- che abbiano fiducia nelle possibilità della lotta e la speranza di vincere.

E' la mobilitazione progressiva che può ridare a tutti questa fiducia e questa speranza. Per questo le giornate come quella di ieri sono utili. Ma sono utili solo se i dirigenti danno l'annuncio che lì si tratta solo di una prima tappa e che ci saranno altri appuntamenti. E per fare cedere il governo sarà necessario che in questi altri appuntamenti ci sia una partecipazione sempre più numerosa perché i dirigenti sindacali, anche loro malgrado, siano più fermi.

Malgrado la volontà espressa chiaramente da molti militanti e da qualche organismo di base, le federazioni di ferrovieri per esempio si sono accontentate di inviare delegazioni simboliche. Chiamano ad un'altra mobilitazione nel mese di novembre.

Il governo e il padronato portano la loro offensiva contro l'insieme dei lavoratori. Hanno una strategia chiara. Annunciano apertamente in quale direzione vogliono agire nei prossimi mesi. Vogliono prendersela con le pensioni di tutti. Vogliono ridurre i posti di lavoro del settore pubblico. Vogliono ristabilire, a disfavore dei salariati, l'equilibrio della Previdenza sociale, messo a male dagli sgravi permessi ai padroni e dai loro ritardi di contributi. Vogliono continuare a frenare i salari.

La loro tattica è altrettanto visibile. Se la prendono con i lavoratori, categoria per categoria o problema per problema, un settore dopo l'altro. E, appena vincono in un campo, attaccano in un altro.

A questo piano di battaglia nell'interesse del padronato, è indispensabile opporre un piano di mobilitazione del mondo del lavoro.

Solo la risposta collettiva dell'insieme dei lavoratori può fermare questa offensiva.

Questa controffensiva non si può decretare, richiede la mobilitazione del mondo del lavoro. Appunto, il ruolo delle organizzazioni che si riferiscono alla classe operaia dovrebbe essere di portare avanti un piano di mobilitazione in cui ogni giornata prepara quella successiva, in un modo che sia chiaro per l'insieme dei lavoratori.

Per anni, le confederazioni sindacali, legate come erano ai loro amici politici allora al governo, invece di mobilitare i lavoratori, li hanno smobilitati.

Ma, anche adesso che il potere governativo appartiene agli avversari apertamente dichiarati del mondo del lavoro, le organizzazioni sindacali invece di battersi per rimobilitare il mondo del lavoro, cercano di dividerlo.

La manifestazione di ieri poteva solo ridare fiducia a chi ci ha partecipato. Ma perché avere chiamato i lavoratori della RATP -trasporti parigini- all'azione quindici giorni fa e i ferrovieri solo fra un mese, mentre i loro problemi e le loro rivendicazioni sono molto simili ? Perché proporre una giornata di mobilitazione differente per gli insegnanti mentre le mancanze e le insufficienze del sistema scolastico riguardano in primo luogo i bambini delle classi popolari ? Perché si fanno giornate di mobilitazione ancora diverse per la Posta e la France Télécom ? Perché gli scioperi previsti per protestare contro i licenziamenti alla Alcatel sono stati anticipati di un giorno, solo per non svolgersi il 3 ottobre ? Se le confederazioni sindacali volessero disperdere e frantumare il movimento anche prima che cominci, non farebbero diversamente ! E perché difatti la giornata del 3 ottobre è stata presentata come una giornata senza domani, invece di dare anticipatamente l'annuncio delle tappe successive ?

Durante un recente comizio a Strasburgo, il segretario generale della CGT, Thibault, ha trovato parole giustissime per denunciare la politica antioperaia del governo. Da parte sua Marc Blondel, durante un recente comitato confederale della FO, ha chiamato all'offensiva e alla mobilitazione sulle pensioni, la previdenza sociale e i salari. Benissimo. Ma dov'è la politica per concretizzare queste affermazioni ? Dove sono le proposte ? Quali sono le tappe annunciate ? E l'unità sindacale non deve servire ancora una volta a fare sì che le confederazioni sindacali che a parole vogliono essere le più combattive finiscano coll'affermare che sono costrette di accodarsi a quelle più timorose !

Nonostante tutte le tergiversazioni delle direzioni sindacali, bisogna però che nelle categorie in causa i lavoratori rispondano positivamente. I nostri militanti agiranno in questo senso. Perché sono convinta che, ancora una volta, saranno i lavoratori stessi che, con la loro mobilitazione, imporranno alle confederazioni sindacali una politica che questi non vogliono davvero. Infatti se i lavoratori sono stati ingannati, non hanno perso nulla della loro forza. Il giorno in cui il vaso traboccherà, di fronte alle provocazioni del padronato e all'arroganza del governo, di fronte ai licenziamenti che si moltiplicano e alle condizioni di vita che si degradano, i grandi partiti di sinistra avranno forse più difficoltà per sviare la colera. Il futuro del mondo del lavoro sta nel fatto di non credere più gli imbonitori che pretendono di difenderli quando sono all'opposizione per tradirli meglio quando sono al governo. Il futuro sta nel reagire con le armi di classe, scioperi solidali, intercategoriali, accompagnati da manifestazioni di massa. Questo è l'unico modo per fare indietregiare il padronato e il governo.

Compagni ed amici,

Per quanto ci riguarda, noi di Lutte Ouvrière, dobbiamo militare per le nostre idee, cominciando dalla difesa della politica che corrisponde agli interessi del mondo del lavoro.

L'attività politica non si limita alle campagne elettorali.

Dovremo intervenire rispetto a tutti i problemi che toccano da vicino la classe operaia. Avremo il nostro contributo da dare per propagare l'idea della necessaria controffensiva generalizzata della classe operaia. Le nostre forze non si possono paragonare a quelle del PCF o delle grandi confederazioni. Ma, su questo terreno, possiamo essere ascoltati da tanti militanti operai.

Ovviamente, lo ripeto, dovremo partecipare alle mobilitazioni proposte dai sindacati, anche se limitate e insufficienti rispetto alla necessità di mobilitare i lavoratori. Dovremo essere fra i loro migliori militanti. Ma al tempo stesso, dovremo sempre e dovunque difendere l'idea che queste mobilitazioni debbano essere generalizzate.

Parteciperemo, come l'abbiamo sempre fatto, alla lotta delle categorie più vulnerabili del mondo del lavoro, come in questo momento i "sans-papiers" che lottano perché la loro situazione venga regolarizzata. E spiegheremo come questa lotta si collega agli interessi generali della classe operaia. Infatti questi lavoratori senza documenti e senza diritti non solo sono trasformati in preda per la polizia o tutti i profittatori, sono anche in preda a padroni che gli possono imporre paghe bassissime. E qui non si parla solo dei piccoli imbroglioni del capitalismo, quelli del tessile o dell'edilizia, che utilizzano i "sans-papiers". Lo fanno anche tante grandi imprese, se non direttamente, in ogni caso tramite l'indotto. Ma la busta paga debole degli uni fa pressione, nel senso del ribasso, su quella degli altri.

Allora, continueremo a rivendicare la regolarizzazione immediata di tutti i "sans-papiers". E nello stesso tempo, continueremo a rivendicare per loro e per tutti gli immigrati, l'insieme dei diritti politici, associativi e sindacali, compreso ovviamente il diritto di voto in tutte le elezioni. E voglio ricordare qui che il fatto di rifiutare il diritto di voto a tutti i lavoratori immigrati significa anche diminuire il peso elettorale dell'insieme dei lavoratori.

Parteciperemo ovviamente alle proteste che saranno organizzate contro ogni infamia del sistema imperialista, e ce ne sono tante !

Continueremo a manifestare la nostra solidarietà al popolo palestinese oppresso nel proprio paese con la complicità di tutte le grandi potenze di questo mondo, che non si vergognano di pretendere incarnare la democrazia. Continueremo a denunciare la politica del governo israeliano condotta, anch'essa, con la complicità delle grandi potenze, ed il cui risultato concreto è di aver trasformato questa regione in un ghetto per tutti, Arabi ed Ebrei.

Parteciperemo alle manifestazioni contro i gesticolamenti guerrieri dei dirigenti americani nei confronti dell'Irak. Saddam Hussein è un dittatore infame, ma gli Stati-Uniti, come l'Inghilterra o la Francia ne proteggono tanti altri, altrettanto infami. E infatti, hanno protetto anche Saddam Hussein quando si accontentava di opprimere il proprio popolo o di annientare la minoranza Curda, oppure quando, seguendo gli ordini delle potenze imperialiste, aveva scatenato la guerra contro l'Iran. E se gli Stati-Uniti riuscissero a rovesciare Saddam Hussein, non sarebbe per poi instaurare un regime in favore del popolo iracheno, ma solo un regime più docile. Da anni le potenze occidentali, Francia compresa, partecipano ad un embargo che colpisce solo il popolo iracheno per i crimini dei propri dirigenti. Ed è anche da anni che ci sono bombardamenti su questo paese, da parte degli aerei occidentali. Allora siamo opposti a tutta questa escalation militare.

Dovremo forse anche protestare contro l'intervento, diretto o indiretto, del nostro proprio imperialismo in Costa d'Avorio. Questo intervento già esiste.

In un primo tempo, è stato presentato come intervento umanitario, che mirava alla protezione dei cittadini estranei alla Costa d'Avorio e ai suoi problemi interni. Significativo tuttavia, è il fatto che questo "umanitarismo" dell'esercito francese si indirizzava ai cittadini francesi, americani, libanesi presenti nel paese - che non sono stati colpiti da nessuno - e che non ha per nulla cercato di proteggere i cittadini burchinabé o maliani, loro veramente perseguitati dagli sbirri del regime Gbagbo. Ma in questo caso si tratta di lavoratori migranti o di contadini poveri e si vede che l'esercito francese non ha vocazione a proteggere questi qua.

Oggi però, i pretesti umanitari sono superati. L'esercito francese sceglie il suo campo. Ha cominciato a farlo offrendo il suo sostegno logistico all'esercito del governo. Ma, da quello che si può capire dalle informazioni, il sostegno è diventato più che logistico, giacché i militari francesi si interpongono tra i due campi del conflitto, impedendo la progressione dei ribelli.

E poi, aldilà di questo aspetto delle cose, se la situazione si è degradata fino a questo punto in Costa d'Avorio, è per causa della politica dei dirigenti locali, guidati dai nostri governi e, di più, per causa del saccheggio secolare di questo paese dal nostro imperialismo. Se ci sarà un intervento della Francia, sappiamo che non sarà a vantaggio del popolo di Costa d'Avorio, che continuerà a marcire nella miseria, ma per concedere ai trust francesi come Bouygues, Bolloré e tanti altri, di continuare a fare cospicui profitti in questo paese.

Non sono le occasioni di agire che ci mancheranno nel periodo che viene. Ma partecipando a tutto questo, avremo fatto solo una parte del nostro lavoro, forse neanche la più importante, perché c'è ancora qualcosa altro.

Ci tocca mantenere alzata la bandiera del comunismo.

Questa bandiera è stata abbandonata da tempo dal partito che si chiama ancora comunista. Il fatto di partecipare ad un governo della borghesia, come lo ha fatto il Partito comunista di Robert Hue, e prima di lui quello di Marchais, e ancora prima di lui quello di Thorez, è già di per sé un segno che questo partito non è comunista, poiché non si può pretendere essere combattente della società futura e nello stesso tempo schierarsi dalla parte dei difensori governativi dell'attuale società.

E anche se oggi la direzione del Partito comunista usa di nuovo la parola "comunista", quale fiducia si può avere in un partito che radicalizza il suo linguaggio solo quando la borghesia lo butta da parte, dopo averlo usato ?

Spero che siano numerosi quei militanti, alla base del partito, che non hanno perso la loro convinzione che una società ugualitaria è possibile. Questi, li considero come compagni d'armi. Ma come immaginare che la direzione di questo partito possa di nuovo incarnare gli ideali comunisti ?Una parte dell'estrema sinistra stessa si vergogna oggi della sua filiazione comunista. La prospettiva nella quale lavora è quella di una Sinistra più combattiva, di una Sinistra più radicale, di una Sinistra veramente da sinistra o, come lo dice per acchiappare tutti, "100 % a sinistra". Bravo quello che riuscirà a distinguere questo linguaggio dal nuovo linguaggio che la sinistra del PS vuole avere. Quest'ultimo non nasconde le sue ambizioni verso la sua sinistra. E non sono temi quali l'antiglobalizzazione, il femminismo o l'ecologia che potrebbero disturbarlo. Sono appunto parole utilizzate per legare le varie sfumature del ventaglio che si riferisce alla sinistra, ma il cui nocciolo duro rimarrà in ogni modo quello che si dice a vocazione governativa, cioè per parlarci chiaro, la Sinistra borghese.

L'emergenza di una sinistra che abbia un linguaggio più radicale dopo tutto non è impossibile, se la Destra è saldamente e per molto tempo sistemata al potere. Ma questo significherebbe solo ricreare, mettendo le cose per il meglio, una moderna versione del vecchio PSU (Partito socialista Unificato) degli anni sessanta e settanta.

Ebbene, non è affatto in questa prospettiva che noi lavoriamo. Ci tocca incarnare fedelmente un'altra prospettiva, quella di un partito che rappresenti realmente gli interessi politici della classe operaia. Ci tocca lavorare perché tale partito si costruisca, cioè un partito che non miri ad integrarsi nell'ordine sociale attuale, sia pure con la pretesa stupida di poter farlo evolvere nel senso giusto, ma che al contrario, lotti per la trasformazione radicale della società ; un partito che rimanga sistematicamente dalla parte degli oppressi, degli sfruttati, senza mai lasciare questo campo per un posto ministeriale, qualunque sia.

Un partito che non abbandoni le sue convinzioni per adattarsi alla politica dei dirigenti riformisti, anche quando questi si ritrovano all'opposizione.

Un partito che non vuole nascondere la realtà della lotta di classe perché questo serve solo gli interessi della classe sfruttatrice che, per condurre la sua lotta di classe, non ha nessun bisogno di nominarla.

Vogliamo costruire un partito che cerchi invece di mettere in luce il carattere di classe della politica condotta, affinché i lavoratori oppongano alla lotta di classe della borghesia la loro propria lotta. Un partito che non si accontenti di denunciare gli abusi del regno del denaro o della dominazione dei trust su di un'economia globalizzata, ma che abbia per obiettivo l'organizzazione dell'unica classe sociale capace di farla finita col capitalismo e il suo sottoprodotto l'imperialismo mondiale, e cioè il proletariato mondiale. Un partito che non si accontenti di partecipare ogni tanto ad una manifestazione internazionale, ma che lavori, giorno dopo giorno nelle aziende, nei quartieri popolari, per organizzare i lavoratori con lo scopo di trasformare la società.

Sì, l'aspetto fondamentale della nostra attività sarà ancora la difesa del programma di emancipazione della classe lavoratrice, il programma comunista. Sarà di difendere tale programma prima di tutto nella classe operaia, poiché la sua realizzazione futura dipende da lei e da lei sola. Sarà di difenderlo in particolare presso i lavoratori che si sono ritrovati a lungo dentro o vicino al Partito Comunista e che sono scoraggiati, disorientati e ai quali bisogna ridare fiducia e mostrare che la corrente comunista non è sparita e che il futuro è suo.

Certo, noi siamo calunniati, ma perché siamo comunisti davvero. Lo siamo come lo era, in un remoto passato, il Partito comunista, quando si meritava davvero questo nome. Ma bisogna anche convincere di queste idee una generazione di giovani, di giovani lavoratori ed anche di studenti. Non solo bisogna mostrare loro che il mondo nostrano è intollerabile, che le concentrazioni di ricchezze in poche mani mentre la povertà si generalizza sono insopportabili, esattamente com'è insopportabile l'idea che la ricerca del profitto di alcuni conduca la terra verso una catastrofe ecologica.

Ma bisogna anche mostrare loro che si può trasformare la società e che ognuno di loro, lavoratore o studente, può averci un ruolo da giocare. Bisogna chiarire le cose, in modo che non siano ingannati da chi dipinge le vecchie idee riformiste con colori moderni per potere meglio truffarli. Questi cercano di ingannarli presentando qualche riformetta, qualche imposta o qualche sgravo di debito come idee del futuro, mentre tutto questo non solo è inefficace, anzi legittima ancora e sempre di più l'idea che il capitalismo si possa riformare.

No, il capitalismo non si può riformare. Guardate i miliardi che svaniscono nel nulla nella crisi borsistica attuale. Certo, si tratta per gran parte di capitali fittizi. Ma lo sfruttamento che li ha generati non è fittizio. Quante sofferenze, quante vite di sfruttamento perché i miliardi che oggi spariscono nel nulla possano accumularsi ?

Allora, non sappiamo se il fatto che questo governo sia di destra condurrà più facilmente i lavoratori alla convinzione che non possono aspettarne nulla. Non sappiamo se, dopo avere subito i colpi della Sinistra e poi quelli della Destra, si accontenteranno di ascoltare di nuovo gli ciarlatani della Sinistra borghese o se, disgustati di tutto, si rifugeranno nell'apolitismo. Ma sappiamo che la combattività può tornare molto presto. E sarà forse il fatto che governo e borghesia credono di poter permettersi tutto a suscitare la rabbia della classe operaia.

Non sappiamo neanche per quale via, attraverso quale esperienza politica collettiva, questo ritorno della combattività condurrà parte del mondo del lavoro verso gli ideali ed il programma comunista. Quello che sappiamo è che le idee che difendiamo, le difendiamo solo noi. Quindi, qualunque sia l'aria che tira, continueremo a difenderle.